Violencia simbólica cyborg & dragón & azúcar : ¿Cuál es el objeto de toda instrucción superior?: Convertir al hombre en una máquina

En la tradición bíblica, el dragón al pie de la escalera encarna el mal. Este se equipara al averno (Unterwelt). Abajo es malo; arriba es bueno y lo mejor es lo supremo, lo infinitamente alto. (...)
La solidaridad, entendida como respeto al prójimo y como ayuda recíproca, no tiene cabida en este esquema. Es expulsada sistemáticamente de él, incluso desde la infancia. Los padres celosos empiezan a planificar la carrera de sus retoños cuando ellos yacen todavía en la cuna. Gracias a su organización, las escuelas estatales cuidan de que se mantenga el esquema de clases.

[imagen "Las instituciones son fortalezas" y texto vía La violencia de los símbolos sociales.El dragón a los pies de la escalera. Educación para la solidaridad en una sociedad de clases. Harry Pross ]

Este post está dedicao a la memoria del profesor Harry Pross (* 2. September 1923 in Karlsruhe; † 11. März 2010 in Weiler-Simmerberg) war ein deutscher Publizistikwissenschaftler und Publizist.

... ya que preparando este post ... y buscando su fecha de nacimiento ... por la wikipedia me he enterado que murió en Marzo de este año 2010... espero que el azucar siga allí ...en sobresitos en la tierra ;-)

Ayer , domingo 3 de octubre de 2010, el amigo Jordi Adell (@jordi_a ) ... nos hizo un comentario en el posteito titulado Profesión? ...maestro ...ignorante: la explicación, el mito de la pedagogía
que decía así:

Jordi Adell dijo...

Solo falta una cita de Bourdieu sobre la educación como ejercicio de violencia simbólica :-) 8:08 PM

Y la verdad... sobre la violencia simbólica, y la violencia sobre nuestro tiempo, y nuestra agenda se sabe mucho en la escuela ...

Aquí dejo varias cosillas, para la reflexión ...

1)

2) Dejamos, también, una Interviste a Pierre Bourdieu sobre La violenza simbolica 12/7/1993

Vai all'abstract

  • Lei ha proposto il concetto di "violenza simbolica". Che cosa intende con questo? (1)

  • A proposito della filosofia, può darci degli esempi di diversità da paese a paese? Evidentemente, il fatto che ogni paese abbia i suoi filosofi preferiti -come i suoi scrittori o musicisti preferiti- mi pare alquanto normale e banale. In che senso le particolarità culturali nazionali si traducono in una violenza sugli allievi? (2)

  • Un esempio: Austin, il filosofo inglese del 900... (3)

  • Una violenza che può funzionare solo appoggiandosi sulle strutture cognitive di chi la subisce, sul sapere di chi subisce (4)

  • In apparenza lei contesta questa idea secondo cui la soluzione della questione della violenza simbolica consisterebbe in una presa di coscienza delle donne? E in che senso? (5)

  • Si tratta di quel che i greci chiamavano "ethos" ed "ethoi", vale a dire i caratteri? (6)

  • Secondo lei i media esercitano una violenza simbolica? E la esercitano tutti i media? (7)

  • Perché le donne sono sottomesse in quasi tutte le società umane a noi note, salvo forse in alcune eccezioni di società matriarcali? Secondo lei, c' è a questo una ragione sociologica, o biologica, o di altro tipo? (8)

  • "...l' opera d' arte è un oggetto grezzo per chiunque non abbia le categorie di percezione...". Lei dice grezzo". Ci può dire perché? Qualcuno potrebbe essere un po' sorpreso da questo termine a proposito dell' arte (9)

  • Certe persone -le quali sono in linea di principio, suppongo, persone di classe sociale più bassa- non capiscono le forme di avanguardia. In che senso lei può dire che queste persone allora sono dominate? (10)

  • Parlare con un accento regionale, per lei, è in sé e per sé un fatto di sottomissione o di inferiorità? (11)

  • Se può darci quell' esempio dell' Africa, forse capiremo meglio...(12)

  • Quindi la sua idea di "violenza simbolica" non si sovrappone ad una idea economicista, marxista, o simili, insomma ad una idea che identificasse i dominati con i poveri, o con i più poveri in una società. In effetti, secondo lei, si può essere allo stesso tempo simbolicamente
    dominati e ricchi sul piano economico? (13)

  • Ma dunque, sulla base di quel che lei dice, si può pensare che questa violenza simbolica si eserciti molto presto, cioè nella prima infanzia. Tutti gli esempi che sta portando dicono che anche se nella vita adulta si acquisisce una posizione dominante, le esperienze di acculturazione nella prima infanzia restano decisive. Dunque, si tratta di qualcosa che passa attraverso i genitori, o il quartiere o gli amici della prima infanzia? (14)

  • Comunque le si potrebbe obiettare -e sono convinto che l'obiezione le è stata già fatta- che quel che lei chiama violenza simbolica è semplicemente il fatto che ci sono delle culture. E cioè, possiamo supporre che qualsiasi cultura, anche nel Borneo, anche tra i selvaggi come nelle società industriali, determina dei dominanti e dei dominati. Infatti, ogni cultura prescrive leggi o regole, e in rapporto a queste leggi o a queste regole ci sono alcuni che risultano più adatti o adattabili, e altri meno. E dunque c' è comunque una gerarchia che viene a formarsi, in qualsiasi cultura, anche nella più "comunista". Ma allora, il concetto stesso di cultura non implica che ogni cultura comporti comunque violenza? E se questa violenza è connaturale al fatto stesso della cultura, perché connotarla negativamente come violenza? (15)

  • Lei pensa che le società o le culture che hanno lo stato siano più violente, simbolicamente, delle società senza stato? (16)

  • Comunque bisogna che lei dica quello che diceva Clastres. Si suppone che il nostro pubblico non lo conosca affatto. (17)

  • A questo proposito, perché coloro che sono sottoposti a questa violenza simbolica non sono organizzati politicamente? Allora, il fatto che si sia sottomessi implica anche delle scelte politiche, ad esempio di rinuncia ad organizzarsi? Esistono dei partiti, o delle forze o tendenze politiche, che vengono preferiti dall' élite dominante, e altri o altre dalle masse dominate? A livello dei partiti politici, in particolare, possiamo dire che le preferenze si mescolano, e che in ogni simpatia politica dominanti e dominati si associano? (18)

  • Perché questa soddisfazione è illusoria? (19)

  • Lei sa che Roland Barthes, nel suo discorso inaugurale al Collège de France, ha detto che la lingua stessa in fondo è fascista. Possiamo dire questo di tutte le culture, dato che in tutte le culture si esercitano forme di violenza simbolica e di fascismo? (20)

1. Lei ha proposto il concetto di "violenza simbolica". Che cosa intende con questo?

La nozione di violenza simbolica mi è parsa necessaria per designare una forma di violenza che possiamo chiamare "dolce" e quasi invisibile. E' una violenza che svolge un ruolo importantissimo in molte situazioni e relazioni [umane]. Per esempio, nelle rappresentazioni ordinarie la relazione pedagogica è vista come un' azione di elevazione dove il mittente si mette, in qualche modo, alla portata del ricevente per portarlo ad elevarsi fino al sapere, di cui il mittente è il portatore. E' una visione non falsa, ma che maschera [l' aspetto di violenza]. [La relazione pedagogica, per quanto possa] essere attenta alle attese del ricevente, implica un' imposizione arbitraria di un arbitrio culturale. Basti paragonare, per esempio -come si sta incominciando a fare oggi- gli insegnamenti della filosofia negli Stati Uniti, in Italia, in Germania, in Francia, ecc.: si vede allora che il Pantheon dei filosofi che ognuno di questi tipi [nazionali] di insegnamento impone [ai discenti] è estremamente diverso; e una parte dei malintesi nella comunicazione tra i filosofi dei diversi paesi consistono nel fatto che essi sono stati esposti, all' epoca della loro prima iniziazione, ad una certa arbitrarietà culturale. E' a questo proposito che ho elaborato la nozione di "violenza simbolica", la quale mi è apparsa importante...

2. A proposito della filosofia, può darci degli esempi di diversità da paese a paese? Evidentemente, il fatto che ogni paese abbia i suoi filosofi preferiti -come i suoi scrittori o musicisti preferiti- mi pare alquanto normale e banale. In che senso le particolarità culturali nazionali si traducono in una violenza sugli allievi?

(Documenti correlati)

3) Y otro posteito e-learning, del martes 23 de febrero de 2010 titulado Big Brother y el caos: La escuela según Pierre Bourdieu - parte 2 y 3




“... la utopía no es un lugar al cual llegar sino un motor a utilizar”

(Diana Ballesi, poeta.

Citado en H. A Olmos- R. Santillán Güemes Educar en cultura - S/d)

Continuamos con la segunda parte de la entrevista (aquí tenéis la primera parteBig Brother y el Caos: La escuela según Pierre Bourdieu - parte 1 ... La escuela según Pierre Bourdieu - parte 2 y 3. También traemos para apoyar la reflexión sobre este documento audiovisual dos artículos :

1) Mercedes Ávila Francés titulado "Socialización, Educación y Reproducción Cultural: Bordieu y Bernstein [PDF, 14 pp] De la revista Interuniversitaria de Formación del Profesorado 19 (1) 2005

2)AM Catani, DB Catani, GRM Pereira

Pierre Bourdieu: las lecturas de su obra en el campo educativo brasileñounirioja.es [PDF, 288 pp] De la revista Fundamentos en Humanidades Año VI nº 2. 2005


4) Como decía el torito @eraser en un post de allá por el martes 20 de abril de 2010 Nace el Wepad, rival del Ipad: Gadgets, consumo tempo-mental, ecología de la comunicación y violencia simbólica

(...)
Y la verdad que no sé por qué esta mente hipervinculá que padezco desde chico... mucho antes de la invención del hipervínculo... muchas mentes humanas funcionaban así ... me ha llevado a titular :
Gadgets, consumo tempo-mental, ecología de la comunicación y violencia simbólica
(otro libro q algún día tendremos que escribir... ja ja ja!!....)

Y es que en los 90 asistí a un curso de doctorado, de esos, poquísimos, que sirven de verdad, ... que dirigió el filósofo alemán Harry Pross (su libro "La violencia de los símbolos sociales" Anthropos, ... junto con Vicente Romano fué un libro que me marcó ) ... pero aún me dejó más mella conocerle...no olvidaré esa conversación (con un traductor del alemán sentado a su izqda. y yo enfrente..) en el bar de la facultad... serio, ya cansado físicamente y mayor, pero con un cerebro sólido, seguro, tranquilo... nada líquido... un cerebro y un cuerpo por el que había pasado toda la historia del s. XX en toda su centralidad alemana ...centroeuropea ...
hablando de la 2ª guerra mundial, su participación como soldado en ella, su expulsión en los 60 de la universidad alemana por apoyar a los alumnos... y sobre todo , hablar de los sobrecitos de azúcar ... esos que su madre guardaba ... en los años 40 ... saludos Harry Pross, donde quiera que estes espero que sigas teniendo esa reserva de azúcar para esos tiempos venideros, que quizá puedan llegar a ser tan duros como fueron los 40 ...

"La creciente conciencia de que la humanidad asiste a una crisis ecológica pone de manifiesto que:

1) El comportamiento antiecológico del ser humano destruye el entorno natural.

2) Las intervenciones en el medio natural tienen repercusiones sobre los seres humanos. En este sentido, el alemán Mathias Donath reivindica que, igual que se habla de Mit-Mensch, del prójimo como compañero, también habría que hablar del Mit-Welt, del mundo con el que vivimos, del mundo como compañero.

3) La relación armónica entre el ser humano y el mundo con el que vivimos requiere principios ecológicos"

Vicente Romano. Introducción a la ecología de la Comunicación.

5) Recuperamos un post de
Hace muchísimo que no dejamos nada del pasado de nuestro blog... y hoy me apetece...Debido a un comentario que he dejado en el espacio que ha creado nuestro amigo Fernando Santamaría en el congreso Internet en el aula titulado Espacios de reflexión: "Comunidades virtuales y redes sociales en educación".
En este caso recuperamos un post del martes 5 de junio de 2007 titulado.... ¿Cuál es el objeto de toda instrucción superior?: Convertir al hombre en una máquina. Cuarto y mitad de e-learning

No se puede mostrar la imagen “http://www.elobservatodo.cl/admin/files/pictures/picture-910.jpg” porque contiene errores.
Aquí tenéis una nueva entrega del newsletter de Catenaria, concretamente el texto de Aldanondo.
Lo copio entero del correo porque no he visto que esté accesible para colocar sólo el enlace. Se titula ¿CUANTO CUESTA EL KILO DE E-LEARNING?
Gerente de Gestión del Conocimiento de Catenaria

El cuento del Rector con el que comienza el artículo Aldanondo, como metáfora inicial es divertida, pero habría que oponerle algunas cosillas...dar por supuesto que la sabiduría dice que el dinero es el camino...estaría por discutir; no se basa en algo que se llame excelencia y creatividad. La historia de Steve Jobs (con la creación de Apple y Pixar, posteriormente), de Bill Gates (con la creación de Microsoft) o de Sergey Brin y Larry Page (creadores de Google); sólo por poner ejemplos de éxito económico...no hablemos de presencia creativa y de influencia social, como Martin Dougiamas (con Moodle).

Evidentemente, posteriormente en el artículo se va viendo el trabajo sobre la educación al peso. Realmente, como decíamos ayer en Second Life y la invasión de los ladrones de cuerpos: Comunistas del espacio exterior., la cuestión clave que no se quiere abordar es: educación ¿para qué? ¿para qué educar? Aprender a desaprender . Hay un pequeño libro de Nietzsche sobre la educación muy interesante: Sobre el porvenir de nuestras instituciones educativas (1872) (Über die Zukunft unserer Bildungsanstalten. Sechs öffentliche Vorträge)...allí, entre otrascosas, cuenta la historia de un profesor en el campo... de mudanzas no se encuentra nunca el libro que buscamos. Mientras lo recuperamos, dejemos este otro pequeño texto:

"De un examen de doctorado.-¿Cuál es el objeto de toda instrucción superior?- Convertir al hombre en una máquina. - ¿Qué medios hay que emplear para ello?.- Enseñar al hombre a aburrirse.- ¿Cómo se consigue esto?.- Con la noción del deber.- ¿Qué modelo debe proponerse?- El filólogo, que enseña a trabajar sin descanso.- ¿Cuál es el hombre perfecto?.- El funcionario del estado.- ¿Cuál es la filosofía que da la fórmula superior para el funcionario del Estado?- La de Kant: el funcionario como cosa en sí, colocado sobre el funcionario como apariencia"

Fuente: [XXIX. F. Nietzsche. "El crepúsculo de los ídolos". Ediciones del mediodía, 1968. Buenos Aires]

Como dice Aldanondo quiero un kilo y cuarto... y mitad (de regalo) de e-learning para mi empresa...Buena lectura!!!.

Un ángel hace su aparición en una reunión del claustro de profesores de una Universidad, se dirige al Rector y le dice que, como recompensa por su comportamiento ejemplar y generoso, el Señor le recompensará con uno de estos tres premios: Riqueza, Sabiduría o Belleza.
Sin dudarlo un instante, el Rector escoge Sabiduría infinita. "Concedido" exclama el ángel y acto seguido desaparece dejando una nube de humo y un relámpago cegador. En ese momento, todas las cabezas se giran hacia el Rector quien se halla rodeado de un celestial halo de luz. Uno de los catedráticos le susurra "Di algo profundo". El Rector respira hondo, se rasca el mentón y dice "Debiese haber escogido el dinero".

Hablar hoy en día de educación o de sus derivados (formación, aprendizaje, etc.) implica terminar haciendo énfasis en los números: horas, alumnos, notas, presupuestos, costes, inversiones, ahorros, en definitiva, DINERO. La educación es un lucrativo mercado y la formación es un negocio que no dejará de crecer exponencialmente en una sociedad que venera el conocimiento como la gasolina que alimenta los motores de las personas. Sin embargo, todavía no entramos de lleno en la era digital. La materia prima fundamental sigue siendo el petróleo aunque pronto será remplazado por una nueva energía mental: la creatividad.

Recientemente, Michelle Bachelet, la Presidenta de Chile, anunció una importante inyección económica (números) para tratar de mejorar los resultados de la educación (números de nuevo). Me temo que el esfuerzo no va a dar frutos. Aprender no es una ciencia, el aprendizaje no se puede medir con cifras y aunque fuese posible, no merece la pena hacerlo. Lo que importa es medir el resultado de su aplicación; no cuánto sabe alguien sino qué hace con lo que sabe, qué resultados obtiene; no cuánto cuesta sino qué beneficios aporta.

Según mi currículum, soy licenciado en Derecho, tengo 2 Masters y soy profesor en varios más. Mi nota de acceso a la universidad pudo ser un 8.15 -o tal vez un 5.15, no lo recuerdo- y mi nota promedio en la carrera pudo ser un 8.56 (o tal vez un 5.56). ¿Qué dice todo esto de mí? Una nota dice tanto de una persona como su número de pasaporte. Es decir, nada. Cada vez que tengo que contratar un diseñador instruccional para integrarlo en nuestros equipos de trabajo me fijo básicamente en 2 competencias fundamentales: su capacidad para entrevistar expertos (para hacer buenas preguntas y no para organizar contenidos de manera lógica) y su facilidad para imaginar historias y escribir guiones. Apenas hago caso de su currículum, es más, trato de que no sean pedagogos porque el trabajo de descontaminación que debemos hacer es costosísimo.

Fijaos en estos ejemplos que me ha tocado experimentar durante la última semana:

  1. Recibo el siguiente mail "Necesito que por favor me cotices para el viernes el desarrollo de un curso e-learning sobre ….". El mail se acompaña de una lista de objetivos y un Word con el índice del curso.
  2. Un cliente me comenta "Nosotros, los cursos de 4 horas los pagamos a 4 millones (5.300 euros)".
  3. Otro cliente declara "Mis cursos de ofimática me salen más baratos, pongo un profesor delante de 30 alumnos y listo"
  4. Un posible cliente me escribe "Alberto me comentó que hace 2 años tuvieron un acercamiento con ustedes para ver unos temas de e- learning y Knowledge Management, y me ha pedido que me ponga en contacto contigo para que nos presenten una propuesta respecto a este último punto"

Estas situaciones protagonizadas por empresas que están entre las 25 más grandes de Latinoamérica, distan mucho de ser excepcionales y no hacen otra cosa que confirmar todas mis sospechas: Vivimos en la época del fast food - fast training. La educación se ha trivializado, se compra por peso, se mide por horas.

Más ejemplos de números:
Como ex jugador de basket, suelo seguir los resultados de la NBA. En EEUU, un equipo de cualquier liga profesional es una empresa liderada por reputados ejecutivos, dividida en distintas líneas de negocio donde los jugadores son los auténticos vendedores de cuyo desempeño, cada noche, depende el futuro de la organización. Evidentemente, para ser jugador profesional hay que desplegar una serie de competencias tanto físicas, técnicas como emocionales, muy sofisticadas y especializadas. Hace un par de años me llamó la atención un equipo que había perdido una enorme cantidad de millones de dólares al no clasificar para los playoffs como consecuencia de una pésima temporada. Cuando fui a ver sus estadísticas, comprobé que habían ganado 36 partidos y habían perdido 46 pero para mi sorpresa observé que en cada partido anotaban un promedio de 94,92 puntos pero recibían 96, es decir "perdían todos sus partidos por 1 punto". Caray, es el colmo de la mala suerte, pensé. Cuando fui a ver las cifras individuales de cada jugador (vendedor) un dato resaltaba poderosamente: el segundo mejor anotador (vendedor) del equipo con 18,4 puntos por partido tenía un porcentaje de tiros libres de un 37%, algo vergonzoso e impropio de cualquier profesional (e incluso de un jugador aficionado). Hay algunos insignes jugadores tristemente famosos por esa incapacidad, Shaquille ONeal es posiblemente el caso más conocido.
Analizando este balance scorecard, parecía evidente que si se logra mejorar el rendimiento de ese jugador a un promedio normal (un 70% por ejemplo), dicho jugador pasaría fácilmente a anotar 22 ó 23 puntos por partido y, haciendo un ejercicio un poco artificial, su equipo pasaría a ganar todos los partidos por 3 puntos y por tanto a clasificar para los playoffs y a ganar un montón de millones de dólares. Las preguntas que surgen automáticamente son muy elementales:

¿Tiene sentido invertir en mejorar el desempeño de ese jugador? ¿Cómo lo haríamos? ¿Qué resultados esperamos obtener? ¿Tiene sentido que haga un curso de e-learning aunque sea gratis? ¿Cuánto gastaríamos en el proceso? ¿Cómo lo evaluamos?.

Como ya he escrito otras veces, para diseñar un programa de aprendizaje, los contenidos no son el punto de partida aunque muchos clientes insisten en enviar toneladas de powerpoints cuando solicitan una propuesta. Para aprender, sabemos que no es imprescindible hacer cursos. Basta que reflexionemos acerca de aquellas áreas en las que nos consideramos expertos y pensar en cómo hemos llegado a desarrollar ese know how. Desde luego, en muy pocas ocasiones ocurrió en un aula. De hecho, si estamos de acuerdo en que aprendemos haciendo, el propio concepto de aula, curso y profesor no tienen sentido porque en un aula no se "hace" gran cosa.

Por quinto año estoy participando como juez de los Brandon Hall e-learning awards donde me ha tocado juzgar el proyecto de una multinacional del software. Dicha empresa ha puesto un enorme catálogo de cursos a disposición de todos los empleados que cubre cada necesidad de capacitación que pueda imaginarse. Y lo que es mejor, no se han gastado un solo dólar en su desarrollo. Los empleados pueden tomar los cursos cuando quieran y sólo entonces hay que desembolsar el dinero de la licencia. Por curiosidad, analicé el curso denominado Calidad de servicio al cliente cuya duración es de 1h 25min. Si el curso dura 85 minutos y contiene 8 objetos de aprendizaje, imaginó que cada uno dura unos 10 minutos y medio. ¿Qué podría aprender alguien en 10 minutos y medio? Además se prometen 8 resultados así que imagino que en 10 minutos y medio sería capaz, por ejemplo, de descubrir y eliminar barreras que impiden fidelizar a un cliente. Eso equivale a 5,15 minutos para descubrirlas y 5,15 minutos para eliminarlas. Cualquiera que lleve algunos años trabajando sabe que no es fácil resolver esos problemas. Es impresionante saber que se puede aprender a descubrir esas barreras en solo 5,15 minutos y además on line. Y resulta todavía más impresionante aprender a eliminarlas en solo 5,15 minutos más. Está claro que los milagros existen.
Luego revisé el curso Liderando un equipo de alto desempeño de 12 horas de duración y que cubría mucho más material y contenidos que el anterior. Hacer funcionar equipos de trabajo no es nada sencillo pero se supone que si un empleado hace ese curso, 12 horas después sabrá cómo hacerlo: Sabrá impartir sesiones de formación, definir una meta, visualizar un objetivo, vender sus ideas, etc. Cuando pienso en esas situaciones, no me resulta nada claro cómo se manejan. Lo que estoy seguro es que lo que alguien pueda saber al respecto, lo ha aprendido de la dura experiencia. ¿Qué estarían aprendiendo realmente los alumnos de ese curso? Sabemos que cualquier cosa que queramos hacer bien (vender, liderar personas o sacar jugando al tenis) exige años de práctica y no cursos de 8 horas o libros con títulos prometedores.

Hay una pregunta que nunca falta y que formulan de manera constante muchos responsables de RRHH. ¿Cuánto cuesta un curso de e-learning? Lo perverso de esta pregunta es que implícitamente da por sentado que un programa de aprendizaje se corresponde directamente con un número, tiene un precio que cada proveedor anuncia en un cartel como en los puestos de un mercado, y se puede comprar por kilos como si fuese jamón, tomates o patatas. Cada vez que escucho esa pregunta respondo con otra pregunta similar que está idénticamente mal formulada ¿Cuánto cuesta una casa? Obviamente depende de muchas cosas.
Quien esté preocupado por saber cuanto cuesta un curso de e-learning debiese primero hacerse algunas preguntas: ¿Porque quiero hacer un curso? ¿Qué problema quiero resolver? ¿Cuánto me cuesta (y me importa) ese problema y hasta donde estoy dispuesto a llegar para resolverlo? ¿Qué resultados espero obtener y cómo los voy a medir? ¿Estoy seguro de que ese curso es la mejor solución?

Nuestra sociedad venera la velocidad, la cultura del correcaminos donde todo debe ser cada vez más rápido, donde no vivimos la vida sino que corremos la vida y donde el tiempo es dinero (hacer más en menos tiempo). Estamos obsesionados en medir todo con cifras y que cada año, esas cifras sean considerablemente mejores que las del anterior. Obviamente era muy ingenuo pretender que esta ola no iba a inundar también el mundo del aprendizaje:

Cada día nos ofrecen desde cursos de lectura rápida, hasta aprender todo sobre management en 1 hora (el best seller "Quién se ha llevado mi Queso" por ejemplo) o asistir a una clase magistral con el Profesor Peter Drucker en DVD. Pasamos del workaholic al speedaholic. Tomarse tu tiempo, ralentizarse un poco, ser pausado, está mal visto. Cuando corro, me evito pensar. No hay niños con déficit atencional sino adultos con ese déficit. Criamos niños estresados que no saben pensar y no saben soñar. y como dice mi amigo Marcelo Lasagna "en el vértigo, nada florece". Se busca lo más rápido, lo más efectivo pero al mismo tiempo lo más barato. El problema es que esa ecuación no se sostiene y alguien pierde.

No sé de quien es la responsabilidad: Si de la oferta que es capaz de ofrecer cualquier cosa con tal de vender en un negocio que cada vez resulta más apetitoso. O de la demanda, del mercado que ve una manera fácil y sencilla de gastar lo menos posible reutilizando los viejos manuales, powerpoints y CDs que ya tenía.
Cuando preguntas a un directivo de una empresa cómo miden el impacto de su formación, si están contentos con el esfuerzo que hacen y si se puede mejorar, todos coinciden en que la formación no le cambia la vida a nadie: no modifica comportamientos y por tanto no tiene apenas impacto.

Hay una historia de un maestro que contaba siempre una historia al terminar la clase, pero los alumnos no siempre la entendían. Uno de ellos se quejó de que no les explicaba el significado y el maestro se disculpó y en señal de reparación le invitó a comer un rico melocotón. Más aún, el maestro se ofreció a pelar él mismo el melocotón. Incluso lo cortó en trozos para que le fuese más fácil comerlo, lo que el alumno acepto aunque no quería abusar de su generosidad. Por último, el maestro le propuso también masticarlo antes de dárselo a lo que el alumno, esta vez, se opuso sorprendido. El maestro le contestó: "Si yo os explico el sentido de cada cuento, sería como daros a comer una fruta masticada". Para aprender te tienen que pasar cosas a ti, no al profesor, aprender cuesta trabajo Nadie puede masticar la comida por ti, ni nadie puede aprender por ti. Lo malo es que en los cursos pasan muy pocas cosas.

Todos estos temas los analizaremos en la octava edición de Edunet el 27 de junio en Santiago http://www.interexpo.cl/programa_edunet07.htm y los pueden profundizar asistiendo a estas discusiones virtuales con Roger Schank http://www.engines4ed.org/invite/index.html

En definitiva ¿Cuánto cuesta un curso? La verdad es que la respuesta a esa pregunta no es muy importante pero si no se conforman con eso, tengan los ojos bien abiertos porque en el supermercado cercano a su casa seguro que ya ha llegado el ofertón del mes: pague 3 cursos de habilidades directivas y llévese 1 de ofimática y 1 de inglés de regalo.

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